In antichità i reali ne avevano sempre sulle proprie tavole imbandite. I romani credevano avesse un’origine divina: si generava dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini scagliati da Giove. I latini vi attribuirono qualità afrodisiache che rendevano gli uomini e le donne “più amabili”. Si tratta del Tuber magnatum Pico, ovvero il fungo più prezioso al mondo: il tartufo bianco.
Il tartufo bianco è un fungo spontaneo ipogeo, ossia sotterraneo, che cresce a 10-40 cm di profondità. I tartufi bianchi sono relativamente rari in quanto la loro crescita dipende da fattori stagionali, oltre che ambientali. Diversamente da altre specie Tuber, il tartufo bianco si trova solo tra Italia, Slovenia e in alcuni paesi balcanici. L’Italia è il primo produttore ed esportatore al mondo sia per quanto riguarda la qualità e quantità.
Nella valle del Samoggia, tra Bologna e Modena cresce prevalentemente in zone in cui gli eventi di erosione del suolo, i cambiamenti climatici, la presenza di specie esotiche invasive e l’impoverimento della diversità microbica del suolo stanno seriamente minacciando la sua sopravvivenza. Le sue caratteristiche organolettiche infatti dipendono dagli alberi da cui proviene, dalla composizione del terreno e dalle condizioni climatiche in cui cresce. Non potendo essere coltivato, è infatti molto importante proteggere gli habitat in cui il tartufo nasce e questo significa gestire il suolo in modo sostenibile. Occorre quindi pianificare territori resilienti e capaci di far nascere e crescere i preziosi tuberi, consentendone una ricerca e raccolta duratura che generi ricchezza locale.
Recentemente (nel dicembre 2021) la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: pratiche tradizionali” è stata riconosciuta quale bene immateriale dell’Umanità dall’Unesco grazie al percorso avviato e portato a termine da L’associazione nazionale Città del Tartufo (di cui anche Savigno e Valsamoggia fanno parte) e dal Ministero dei Beni Culturali. Si tratta infatti di un patrimonio inestimabile di memorie, narrazioni, saperi e pratiche di un’attività che coinvolge l’addestramento del cane e il suo utilizzo nelle fasi di cerca e cavatura, la ricerca dei vari tipi di tartufi, la successiva conservazione e, infine, l’utilizzo gastronomico.
Tradizionalmente, in Italia, la raccolta del tartufo era compiuta impiegando un maiale. Il problema di tale metodo è che, essendo il maiale ghiotto del tartufo, una volta trovato, è necessario trattenere l’animale per impedirgli di mangiarlo. Al giorno d’oggi, sempre in Italia, si impiegano esclusivamente cani debitamente addestrati: lagotti romagnoli o meticci di piccola o media taglia. La ricerca avviene in particolare durante la notte, perché il cane è meno disturbato e il cercatore può percorrere in segreto le zone che meglio conosce e che nessuno deve seguire. Le dispute sui terreni sono intense e la concorrenza è spietata. Il rapporto tra uomo e animale è di massima intesa e collaborazione e nessun tartufo uscirà dal terreno senza che questa simbiosi e sinergia sia perfetta.

Il tartufo bianco pregiato, nelle macchie della regione Emilia Romagna trova terreni e climi adatti, in particolar modo nell’alta valle del Samoggia, a Savigno, dove questo eccellente prodotto raggiunge i più alti standard qualitativi, e dove un mondo di appassionati, i tartufai, celebra con il rito della cerca il suo annuale tributo al tartufo. Il tartufo bianco di questo territorio è di colore variabile dal giallo ocra al marrone, la maturazione va da settembre a dicembre e si trova in particolare in zone popolate da alberi di nocciolo, carpino, tiglio e pioppo. Il profumo e l’odore che presenta è persistente e il gusto è particolarmente spiccato e gradevole.
Savigno è riconosciuta come Città del Tartufo e, per celebrare questo meraviglioso fungo ipogeo, da 39 anni nel cuore del paese organizza la rinomata sagra Tartófla che, cresciuta sempre di più, ha ormai assunto una rilevanza nazionale che richiama ogni edizione 50.000 visitatori italiani e stranieri.

L’evento, che quest’anno si tiene tra il 29 ottobre e il 20 novembre, è caratterizzato da una ristorazione di alta qualità, dal mercato nazionale del Tartufo, che dà la possibilità di poter acquistare e gustare tartufo fresco e trasformati, e da una serie di mercatini, mostre, iniziative culturali e artistiche e passeggiate alla scoperta del territorio in compagnia di un tartufaio e il suo cane.
Inoltre, a Savigno e in tutta la Valsamoggia, sono molti i ristoranti che propongono il tartufo nelle sue infinite versioni culinarie ed i negozi che lo vendono insieme ad altri prodotti tipici della zona come salumi artigianali, formaggi, crescentine, borlenghi e prodotti da forno.

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