La presenza della chiesa di San Savino nell’ubicazione attuale, di fronte a Palazzo Garagnani, è documentata dal disegno tratto dal vero dal matematico e cosmografo domenicano Egnazio Danti nel 1578.
Il documento in questione fa parte del Manoscritto Gozzadini 171 della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna. Come ha affermato Mario Fanti, il manoscritto è “la più antica testimonianza iconografica sulle ville, i castelli e le chiese dell’antico contado bolognese. Dal disegno, eseguito come studio per la Carta del contado bolognese dipinta in Vaticano nella Galleria delle Carte Geografiche per volere di papa Gregorio XIII (il bolognese Ugo Boncompagni), si evince che all’epoca, dunque nel tardo Cinquecento, la chiesa si presentava come una sobria costruzione con facciata a capanna, tetto a spioventi e campanile situato a nord, sul lato opposto rispetto all’attuale dove invece è segnalata la presenza del cimitero.
Un altro documento iconografico, questa volta più tardo, come l’incisione del Corty ci mostra nel dettaglio la situazione di metà Ottocento: a questa data una nuova facciata rende più monumentale l’edificio e il campanile si trova nella posizione attuale.

Proviamo a ripercorrere le vicende intercorse tra queste due fasi cronologiche sulla base dei pochi documenti disponibili: l’origine dell’attuale chiesa parrocchiale di San Savino non è ancora ben chiara. Certo è che essa non fu la prima sede della parrocchia di Crespellano: com’è noto, questa funzione fu svolta anticamente dall’oratorio, sempre dedicato a San Savino Vescovo e Martire, sito sulla collina circostante e al quale la storia della chiesa del Castello è, almeno in parte, legata.
Dalle parole dell’anonimo autore (D.F.F.) dell’articolo su Crespellano de Le chiese parrocchiali apprendiamo che l’attuale parrocchia era anticamente (in epoca medievale) la “chiesa della Rocca”.
è opportuno citare il passo per intero: “fu dunque Crespellano un buon Forte o Castello del Medio Evo, poco più grande che ora non è, ma quasi nella medesima forma fabbricato; se non che’ aveva più larga la piazza a mezzodì, e là dove ora sedono la Canonica e i vecchissimi cadenti casolari che l’affogano, sorgeva il grosso della Rocca, ove era pure l’abitazione di un Prete detto Cappellano della Rocca, che tenea cura spirituale delle Milizie, ed ufficiava nella Chiesa medesima, ora Parrocchiale, ma allora più piccola e tutt’altra”.
Prima dell’atterramento della Rocca esisteva quindi una chiesa officiata da un cappellano per le milizie e gli abitanti del Castello; ma quando avvenne la distruzione della Rocca di Crespellano? Come afferma lo stesso anonimo non c’è una data precisa. Certo è che ancora il disegno del Danti ci può aiutare, dato che esso, nel 1578, non mostra ne’ la Rocca ne’ la porta settentrionale dell’abitato, mentre mostra quella posta a meridione (“Al Nord e a Sud del Castello erano due porte su ognuna delle quali secondo usanza di que’ tempi stava un torrione o baluardo, e a cui s’ entrava per due ponti levatoi su le fosse profonde”).
Anche per ciò che concerne il trasferimento della sede parrocchiale dalla collina al centro abitato non vi è una data precisa; sappiamo però, da un documento conservato presso l’Archivio Arcivescovile di Bologna, che nell’anno 1570 tale spostamento dentro al Castello aveva già avuto luogo.
Sempre in epoca post tridentina, la “Marchesina” (1573) documenta ulteriormente che la sede parrocchiale si trova in Crespellano.
Quindi è l’immagine della parrocchia crespellanese quella che Egnazio Danti disegna con rapidi tratti di penna solo pochi anni dopo la visita pastorale di Mons. Marchesini.

La situazione della chiesa poco più di un secolo più tardi non doveva essere molto cambiata: dalla visita pastorale del cardinale Boncompagni, avvenuta il 2 maggio 1692, apprendiamo che essa si presenta come un edificio dalla forma a capanna, circondato da un muro di due piedi, col tetto in tavole di legno e rivestimento di gesso.
A queste date dipende dalla pieve di Bazzano: in effetti, quando la chiesa bazzanese di Santo Stefano divenne plebana nel 1573, le fu assoggettata, inseme ad altre, anche la chiesa parrocchiale di San Savino.
Vi è un campanile alto 60 piedi, con due campane. Internamente si trovano: sull’altar maggiore una pala con la Madonna tra i Santi Savino e Antonio Abate; lungo la navata, dalla parte del Vangelo, l’altare di Santa Apollonia, presso il quale vi è la sepoltura della famiglia Lenzarini proprietaria dell’altare, con l’immagine della Santa tra S. Petronio e S. Antonio (tuttora conservata) e l’altare del Crocifisso. Dal lato dell’Epistola due altari dedicati alla Madonna: quello della B.V. del Rosario con l’immagine scolpita della Vergine circondata dai quindici Misteri e l’altare dell’Addolorata con la statua di Maria trafitta da sette spade.
Nel 1756 furono intrapresi lavori di ristrutturazione che modificarono l’aspetto sobrio che, come si è visto, contraddistingueva la chiesa di San Savino nel Cinque e nel Seicento: “venne allungata di 13 piedi, ornata dell’attuale facciata e fornita di tutto ciò che sì grande restauro o rifacimento esigeva”.
Alla nuova fabbrica mancavano però l’abside e un nuovo campanile “essendo ruinosa la vecchissima torre delle campane (ve n’avea tre)”. Dal libretto delle opere dei muratori emerge che i lavori per la torre campanaria si protrassero dal giugno del 1815 all’agosto dell’anno successivo e che venne demolito il “torraccio comunale” (della porta a meridione), i cui materiali, insieme a quelli provenienti dalla fornace Garagnani, furono impiegati nella costruzione del nuovo campanile. L’anonimo D.F.F. riporta che “i due principali Signori, il vivente Antonio Masetti e il fu Giuseppe Garagnani, proposero eccitare gli altri Parrocchiani all’erezione d’ un Campanile, e sapendo l’esempio de’ maggiori nell’animo del popolo valere sempre molto: eglino due soli fabbricherebbero alla Chiesa la Cappella” (abside) “, gli altri prendessero il Campanile, cominciassero tutti a far collette…”.
Così facendo “dentro a un anno” la chiesa ebbe la nuova abside, progettata dall’architetto Angelo Venturoli, e il campanile, opera di Gaetano Scandellari; la somma raccolta grazie alle offerte dei Crespellanesi permise anche la fusione di “quattro ben grosse ed armoniche campane” al posto delle tre già esistenti.
A proposito del disegno dello Scandellari per il campanile, l’anonimo dice che “se fosse riuscito nella guglia come in tutto il resto, i Crespellanesi ora non sarebbero obbligati a nuova n頬ieve fabbrica, e il celebre architetto avrebbe lasciato in esso un monumento perfetto del suo valore”.
In effetti, da documenti dell’Archivio Parrocchiale di Crespellano emerge che il campanile ebbe presto bisogno di restauri: al 10 febbraio 1845, quindi all’epoca della pubblicazione de Le chiese parrocchiali, risale il preventivo per l’atterramento della guglia e di una porzione della lanterna, per la spesa di ? 1.193,90. Capomastro è Giuseppe Brighenti. Un membro della stessa famiglia Brighenti, precisamente Vincenzo, sarà l’autore, a fine Ottocento, del progetto per il campanile di Calcara.
Altri interventi sono ritenuti necessari nel 1902, quando un’infiltrazione d’acqua minaccia ancora la copertura del campanile e la guglia. L’incarico è affidato all’ingegner Bruno Neri.

La summenzionata incisione del Corty documenta dunque la situazione della chiesa con la facciata settecentesca e il campanile, molto probabilmente, prima dei restauri alla guglia.
Internamente si registra, poco prima della metà dell’ Ottocento, la presenza nella zona dell’abside dell’icona con San Savino (definita “dipintura assai povera”) sormontata da un rilievo in gesso con l’Eterno e gli Angeli recanti gli emblemi del Vescovo Martire (mentre a fine Seicento sull’altare si trovava un immagine con la Madonna e i Santi Savino e Antonio Abate). Lo spazio è articolato in quattro cappelle che affiancano la navata: sono menzionate in particolare la cappella del Rosario e quella del Crocifisso con opere ricondotte rispettivamente allo Scandellari (la B.V. del Rosario) e all’Algardi o alla sua scuola (il Crocifisso ligneo).
A proposito delle pitture conservate nella chiesa, in data 4 ottobre 1851 l’allora Parroco Don Antonio Lambertini, nella relazione sui lavori intrapresi nella parrocchiale, scrive: “[…] essendo il quadro maggiore rappresentante il titolare S. Savino in totale disfacimento e di nessun pregio, la Sig.a Barbara moglie del Signor Giuseppe Masetti ne ha regalato uno nuovo; opera molto pregevole del Sig. Alessandro Guardassoni…”
Sempre nel 1851, con decreto del Cardinale Carlo Oppizzoni datato al 5 di novembre, la chiesa di Crespellano ottenne il grado di Arcipretura.
A fine secolo, in particolare al 1896, risale la decorazione pittorica dei muri interni della chiesa ad opera di Giovan Battista Baldi.

“Poiche’ i Crespellanesi s’ebbero sì bella Chiesa fabbricata, non tralasciarono mai di venirla arricchendo di preziosi parati ed ornamenti bellissimi d’ogni maniera; in che pur gareggiarono le due famiglie Masetti e Garagnani, regalandola d’ogni più bella sacra suppellettile, che in Chiesa sia necessaria e decorosa.” In effetti i documenti confermano le parole dell’anonimo: come si è visto, la moglie di Giuseppe Masetti donò il quadro del Guardassoni; lo stesso anno 1851 la signora Caterina Masetti donò la statua dell’Addolorata per l’altare medesimo.
Nella visita pastorale del 1857 il visitatore può così elencare: sull’altare maggiore un quadro rappresentante San Savino Vescovo e Martire (si tratta del quadro del Guardassoni); nella cappella del Rosario la statua della B.V. del Rosario con attorno i Misteri (già presenti a fine Seicento); nella cappella dell’Addolorata la statua recentemente donata; nella cappella del Crocifisso la statua di cipresso del SS. Crocifisso e nella cappella di S. Antonio da Padova un quadro rappresentante S. Antonio, Santa Apollonia e S. Petronio (già indicato a fine Seicento).
Nel 1846 era stata donata dalla popolazione la statua con San Luigi. Quattro anni prima, in seguito a concessione del Cardinale Oppizzoni , era stata eretta la Via Crucis (13/3/1842).
Al 1910 risale invece la grotta della Madonna di Lourdes, donata dal conte Tomaso Garagnani come risulta da una lettera datata 25 maggio 1912 nella quale il conte scrive: “in riconoscenza e a perenne memoria di grazia speciale ottenuta nella mia famiglia per intercessione della B.V.di Lourdes feci costruire a mie spese una grotta in marmi nel secondo altare a sinistra della chiesa, altare di proprietà della famiglia Garagnani e vi feci collocare la statua di N.S. di Lourdes […] Ogni anno è mia facoltà di fare trasportare la detta sacra immagine nella 1a settimana di settembre dal suo altare all’altare maggiore di detta chiesa per restarvi otto giorni consecutivi […] e la mattina dell’ultimo dì dell’ottavario […] farla trasportare processionalmente alla mia cappella all’Aldrovandi e tenerla esposta tutto il giorno, e la sera, pure processionalmente, e sempre a mie spese, restituirla al suo altare nella chiesa suddetta”.
La cappella del Sacro Cuore fu inaugurata dal Cardinale Nasalli Rocca il 5 ottobre 1924.
In tempi più vicini a noi la chiesa e la canonica sono state interessate da lavori ai coperti di entrambe le strutture e, recentemente, è stata ampliata la capienza della chiesa spostando la sagrestia e trasformando lo spazio che prima occupava nell’ala laterale al fianco destro (guardando l’altare) dell’altare maggiore.
