Il Parco Regionale dell’Abbazia di Monteveglio
Il Parco tutela una significativa porzione di territorio collinare che si estende a ridosso dell’abitato di Monteveglio. Nell’area protetta, delimitata a est e a ovest dal torrente Ghiaia di Serravalle e dal rio Marzatore, si alternano paesaggi agricoli che conservano gli assetti tradizionali della collina bolognese, ampie aree calanchive di notevole interesse geologico e ripidi versanti boscati che racchiudono piccole valli riparate di discreto valore naturalistico. La storica Abbazia occupa il punto più elevato del bel borgo medievale che si erge su uno dei rilievi principali del Parco, inserendosi nella trama di antichi nuclei fortificati e centri religiosi che caratterizza la Valle del Samoggia e quella vicina del Panaro.
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GLI ITINERARI DEL PARCO
l’App – I Parchi nel cuore
Il Centro San Teodoro
Il nucleo rurale di San Teodoro, località conosciuta dai rnontevegliesi come San Ciòd (corruzione locale di San Chiodo, vale a dire San Teodoro) è situato ai piedi del colle sul quale sorgono i resti del castello e l’abbazia di Santa Maria di Monteveglio, già immerso nella campagna pur essendo prossimo al centro abitato.
Il nucleo rurale, a elementi separati, è costituito da una grande casa colonica, due fienili di epoche diverse e un pozzo, i quali, nel loro insieme, costituiscono una notevole testimonianza delle tipologie costruttive tradizionali. La costruzione centrale, divenuta nei secoli a noi più vicini una casa colonica, presenta al piano superiore una grande sala con travi dalle mensole intagliate, vano che, prima della rimozione di un grande camino, fungeva da cucina.
Intorno agli edifici si sviluppa un sentiero ad anello, lungo circa due km, che risale la dolce pendice del colle di Monteveglio, alla scoperta degli spazi coltivati che un tempo facevano da contorno alla corte ed erano i luoghi del vivere contadino. La piacevole passeggiata offre un significativo scorcio del tipico paesaggio agrario che per secoli ha caratterizzato la campagna bolognese: le piantate, vale a dire i filari di vite maritata a sostegni vivi, i filari di ciliegi, le roverelle che segnavano i confini delle proprietà, i prati da sfalcio, i fossetti di regimazione delle acque superficiali.
Lungo le strade e i sentieri del Parco, in gran parte ancora coincidenti con la trama viaria storica e a tratti fiancheggiati da siepi e filari alberati, sono disposti numerosi nuclei rurali di antica origine, spesso inseriti in pregevoli contesti paesaggistici. L’origine del toponimo è legata al culto montevegliese di San Teodoro (detto Son Chiodo), il legionario orientale martirizzato al tempo di Diocleziano. ll culto risale con tutta probabilità ai primi secoli dell’era cristiana, quando in questa zona passava il confine tra la “Romania” bizantina e la “Longobardia”.
Presso il colle di Monteveglio doveva esistere allora una chiesa, che si trova citata nella sottomissione dei montevegliesi a Bologna (1157) e che nel secolo XIV venne modificata, come si intravvede dal resti di una fiancata sul lato settentrionale dell’attuale edificio, nonché dai resti di un porticato ligneo interrato, sulla facciata di ponente.
Dopo gli estimi ecclesiastici del 1392 non si trova più menzionata forse in conseguenza del declino del culto di San Teodoro presso la Chiesa di Roma, dopo lo scisma avvenuto con quella orientale. Nel secolo XVI sul luogo della chiesa montevegliese venne edificata una casa ad uso dell’abbazia, centro di quella che veniva chiamata “la Possessione dei Frati di Santa Maria di Monteveglio”. Il luogo, in tale periodo, cominciò ad assumere due fisionomie distinte: la casa colonica divenne il centro delle proprietà dei canonici, mentre la chiesa forse accentuò il suo legame con il mercato che si svolgeva poco lontano.
In seguito la chiesa perse d’importanza, seguendo il declino del mercato. L’ultimo riferimento documentario alla chiesa è nel Catasto Boncompagni del 1788, nel quale viene menzionata la chiesa privata del podere di San Teodoro. Con la soppressione delle corporazioni religiose voluta dall’Amministrazione napoleonica, il podere, dopo un breve periodo di gestione da parte dell’Amministrazione dei Beni Nazionali, venne acquisito dall’ultimo fattore dei canonici di Monteveglio, Luigi Torchi, e, attraverso vari passaggi di proprietà, nel 1979 passò al Comune di Monteveglio.