Geosito 34

Bacini Calanchivi del Vulpazza e del Merdone

«Il difficile racconto della storia della Terra risiede nelle rocce e nel paesaggio che si osservano presso la sua superficie; questo insieme rappresenta la “Memoria della Terra”» – Carta Internazionale dei Diritti della Memoria della Terra, Francia 1991.

Il complesso dei bacini calanchivi del rio Vulpazza e del rio Merdone, posto a cavallo dei territori di Savignano sul Panaro e Castello di Serravalle (Comune di Valsamoggia), è individuato dalla Regione Emilia Romagna come geosito di interesse locale.

Il Comune di Savignano sul Panaro, congiuntamente al Comune di Valsamoggia e con il contributo della Regione Emilia Romagna, ha installato pannelli informativi lungo il percorso, che costituisce un punto privilegiato di osservazione di molte peculiarità naturali, storiche e paesaggistiche del nostro territorio.

Il percorso si sviluppa attraverso strade vicinali e antiche piste interpoderali e collega il territorio comunale di Savignano (Garofano) a Valsamoggia (loc. Castello di Serravalle). Lungo il percorso si può godere la vista di querce monumentali, calanchi spettacolari, argille fossilifere.

In questa pagina puoi approfondire le caratteristiche naturali del Geosito 34 ed esplorare le attività in programma organizzate dai Comuni di Savignano e Valsamoggia. 

Per organizzare una visita guidata al di fuori della programmazione è possibile contattare la Pro Loco di Savignano sul Panaro all’indirizzo email: prolocosavignanosp@gmail.com

Scopri il Geosito attraverso le escursioni e gli eventi organizzati

I Comuni di Savignano sul Panaro e Valsamoggia co-organizzano un calendario di iniziative, eventi ed escursioni per portare grandi e piccini alla scoperta del Geosito 34. Di seguito puoi scoprire le prossime attività in programma: 

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Che cos’è un geosito?

La superficie della Terra è come un libro che ci racconta le vicende che hanno caratterizzato l’evoluzione del nostro Pianeta con la formazione di catene montuose, pianure, coste, fondali marini, … Alcune aree hanno però caratteristiche speciali che ci restituiscono informazioni uniche per la conoscenza della Terra: questi sono i geositi, beni geologici che fanno parte del patrimonio naturale di un territorio e meritano di essere tutelati e valorizzati.

Il percorso porta alla scoperta del geosito “Bacini calanchivi di rio Vulpazza e rio Merdone”, costituito dalle valli dei due corsi d’acqua da cui prende il nome: il rio Merdone, che scorre nel territorio savignanese e che è affluente destro del fiume Panaro, e il rio Vulpazza, affluente minore del rio d’Orzo e anch’esso affluente del Panaro. Il geosito ricade nei territori di Savignano sul Panaro e di Valsamoggia.

Il geosito n. 34

Dal punto di vista geologico l’area dei bacini del rio Vulpazza e del rio Merdone ricade nel foglio 220 (Casalecchio di Reno) della Carta Geologica d’Italia. I bacini calanchivi si sviluppano in direzioni opposte e divergenti e, da questo punto di osservazione, si può ben notare la sottile cresta spartiacque che li divide.

L’aspetto di maggiore interesse di questo geosito è senza dubbio quello dei calanchi, che caratterizzano quasi totalmente la morfologia dei due piccoli bacini. Oltre alla possibilità di godere di questa vista suggestiva, l’area permette di osservare il netto contatto tra formazioni argillose risalenti a differenti periodi geologici. 

Il punto di contatto delle diverse formazioni è evidente anche da lontano grazie alla differenza cromatica. In particolare si possono ammirare affioramenti di colore rossastro costituiti dalle argille a palombini e varicolori del Cretaceo-Paleocene (periodo geologico compreso tra 145 e 60 milioni di anni fa, quando la Terra era ancora popolata dai dinosauri) che in alcuni punti, a seguito dei movimenti orogenetici che hanno portato alla formazione dell’Appennino, sovrastano le argille azzurre e le sabbie gialle del Pliocene (epoca geologica compresa tra 5,3 e 2,5 milioni di anni fa). Oltre alle argille in quest’area sono presenti corpi rocciosi di piccole dimensioni appartenenti a formazioni arenacee (ovvero composte da arena = sabbia) più o meno compatte come ad esempio le Arenarie del Monte Adone e le Arenarie di Scabiazza.

Il paesaggio e il percorso che lo esplora

Il percorso proposto si snoda lungo un’antica strada vicinale e conduce a un punto panoramico dal quale è possibile ammirare il profilo delle creste calanchive divise dalla linea spartiacque, a Ovest le creste del rio Merdone a destra Est quelle del rio Vulpazza.

A sinistra rispetto allo spartiacque è possibile individuare “Le Barche”, un’antica dimora del 1400 che sovrasta i calanchi. Proseguendo lungo il profilo dei calanchi, in direzione Ovest, si possono individuare alcuni tralicci della teleferica dell’ex Italcementi e la quercia monumentale in località Bell’Aria.
Seguendo invece il profilo dei calanchi in direzione Est, si nota l’ex cava Buscadello, un polo estrattivo di argille marnose (Argille Azzurre plioceniche) per cementifici, situato ai piedi di un calanco la cui coltivazione ha modificato in maniera sostanziale la conformazione del versante alla confluenza del rio Pioppa con il rio d’Orzo. Il sito è oggi in corso di ripristino.

Sullo sfondo è possibile intravedere gli abitati di Garofano, Formica, Doccia e Vignola che si sviluppano lungo le rive del fiume Panaro e, in condizioni di cielo terso, in lontananza sono visibili le Prealpi Venete.
Alle spalle del visitatore si trova invece Castello di Serravalle nel territorio di Valsamoggia, un borgo medievale fortificato, molto ben conservato e caratterizzato dalle tipiche residenze a torre. L’abitato di Castello di Serravalle venne fondato dai Bolognesi nel 1227 e il toponimo ne dichiara la natura difensiva. Il borgo è infatti sorto in una zona di confine che è stata scenario di molti scontri e incontri tra popoli e culture. Questa collocazione, tra Bologna e Modena, è stata determinante nel Medioevo quando il castello di Serravalle è stato molto conteso tra le due città per la sua posizione strategica e per la sua fiorente economia agricola.

È possibile connettere il percorso dei calanchi del rio Vulpazza e del rio Merdone alla “Piccola Cassia” (sentiero CAI 201), in particolare al tratto che collega Bazzano e Monteveglio a Castello di Serravalle. La Piccola Cassia ripercorre quel tratto d’Appennino già utilizzato dai Romani per raggiungere la Pianura Padana centrale salendo da Pistoia in direzione di Modena e Bologna e che, nell’Alto medioevo, divenne uno dei tanti itinerari che portavano a Roma congiungendosi con la via Francigena. Attraverso la piccola Cassia è possibile anche connettere il percorso dei calanchi alla Ciclovia del Parco regionale dell’Abbazia di Monteveglio.

Il Geosito è visitabile in autonomia e può essere raggiunto da tre diversi accessi:

  • da Nord: da Savignano sul Panaro, ingresso all’incrocio tra la SP623 e via Mostino
  • da Sud: tra Guiglia e Castello di Serravalle, ingresso all’incrocio tra la SP77 e via Bottazzone
  • da Est: tra Castello di Serravalle e Savignano sul Panaro, ingresso all’incrocio tra la SP70 e via Bottazzone

Lungo il percorso si trovano dei pannelli descrittivi che illustrano le peculiarità del sito e gli aspetti storici, paesaggistici e naturalistici.

INFORMAZIONI TECNICHE:

  • Lunghezza 3,69 km

  • Dislivello + / – 70 m

Risorse del territorio: l'uomo trasforma il paesaggio

I materiali caratteristici delle zone calanchive sono da sempre stati utilizzati dall’essere umano per la produzione di materiali da costruzione e ancora oggi possiamo leggere sul territorio i segni che queste azioni antropiche hanno lasciato sul paesaggio

L’Argilla Azzurra ad esempio, presente nei calanchi di Mostino e Vulpazza, era utilizzata sin dall’epoca romana per la produzione di stoviglie e di mattoni, mentre dalla roccia calcarea estratta dalle Argille a Palombini veniva ricavata una calce molto pregiata. Il procedimento per la cottura consisteva nel disporre all’interno di camini a bocca superiore strati orizzontali di carbone e pietre calcaree. Ancora oggi, nel bacino del rio Ghiarella ad ovest del bacino del rio Merdone, è attivo uno stabilimento che utilizza questo antico procedimento per la produzione di calce destinata principalmente a lavori di restauro di murature antiche.
Quest’area è sempre stata caratterizzata da attività estrattive e legate alla produzione di materiali da costruzione, come fornaci e fabbriche specializzate: la realtà più importante è l’ex stabilimento Italcementi, attualmente dismesso. Le sue vaste dimensioni e la presenza di manufatti dislocati sul territorio hanno lasciato su questo paesaggio una traccia indelebile che, guardandovi intorno, riuscirete a scoprire. La fabbrica si trova a Formica, frazione di Savignano sul Panaro, ed è stata di proprietà della Società Calce e Cementi dal 1927 e poi della Italcementi dal 1970 al 2019, anno di chiusura.
L’approvvigionamento delle materie prime avveniva dalla cava di Monte Montanara, situata al confine tra Guiglia e Zocca: da qui, già dagli anni ‘50, venivano trasportate marne da cemento dalla cava allo stabilimento grazie ad una teleferica lunga più di 5 km. Il tracciato della teleferica è ancora visibile e in buone condizioni: si possono ancora individuare i tralicci di sostegno, in alcuni casi di notevole altezza. La cava di Monte Montanara oggi è dismessa e ospita un campo fotovoltaico.

Fonte: “Geologia e litologia forme e storia di un territorio” – Quaderni 2016 – pubblicazione del Museo civico di Vignola

Fossili, racconto del passato

Dal punto di vista paleontologico le Argille Azzurre e le Sabbie Gialle affioranti nei calanchi del rio Merdone e del rio Vulpazza, ma anche nelle loro immediate vicinanze, sono caratterizzate da un significativo contenuto fossilifero. Si tratta di sedimenti marini depositati nell’antico Golfo Padano nel periodo pliocenico, indicativamente tra 5 e 2 milioni di anni fa, che nel tempo hanno subito solo movimenti verticali.

In questi depositi è presente una grande quantità di fossili marini, soprattutto molluschi (bivalvi e gasteropodi), ma anche scafopodi, coralli e denti di squalo. Alcune delle specie documentate da questi fossili sono tuttora esistenti nel Mare Adriatico mentre altre sono testimoni di condizioni climatiche o fisiche particolari che caratterizzavano la zona all’epoca della loro esistenza. Le Argille Azzurre possono potenzialmente nascondere anche resti di vertebrati, come testimoniano alcuni ritrovamenti avvenuti nelle zone limitrofe.
Trovare i fossili in quest’area è quindi abbastanza semplice e anche nel punto in cui ci troviamo, se si osservano attentamente le piccole scarpate poste alla base degli edifici abbandonati, si possono scorgere diverse specie di molluschi sia gasteropodi che bivalvi. Tra questi macrofossili risultano assai comuni Pycnodonta navicularis, Anadara diluvii, Amusium cristatum, Chlamys multistriata, Gemmula contigua, Bathytoma cataphracta, Turricola dimidiata, Ostrea edulis, Venus multilamella, Dentalium fossile e Neverita josephinae.
I fossili sono un bene comune e raccontano la storia del territorio: raccoglierli è vietato. Osservali ma lasciali qui, affinché tutti possano continuare a leggere la storia di questo luogo.

Flora e fauna dei calanchi

Questo territorio si contraddistingue per la presenza di boschi dominati da querce caducifoglie, alberi che si sono insediati a partire da 5.000 anni a.C. Nel corso dei secoli l’essere umano ha portato importanti modifiche dei querceti collinari, che sono stati ridotti e relegati nelle aree meno favorevoli all'agricoltura o sui versanti più scoscesi.

Quelli di quest’area sono popolati prevalentemente dalla Roverella, una specie arborea molto legata ai suoli argillosi. Presso alcune abitazioni rurali e lungo i sentieri si incontrano esemplari secolari di dimensioni ragguardevoli come la Quercia del Caslòt e la Quercia di Mostino che trovate segnalate sulla mappa. Alle querce si associano altri alberi come l’Orniello, il Pero selvatico, l’Acero campestre e, nei versanti più aridi e soleggiati, anche l’Acero minore. Nella boscaglia crescono arbusti come il Sanguinello, il Ligustro, la Rosa selvatica, la Ginestra di Spagna e il Biancospino comune. Nei fondovalle invece si osserva il Pioppo, il Salice e alcuni esemplari di Cerro, esemplari che preferiscono contesti freschi e umidi (mesoigrofila).
Nel corso degli ultimi trent’anni anche la fauna dell’area ha subito importanti trasformazioni: alle specie di uccelli tipiche di questi ambienti come la Cinciallegra, la Capinera, la Ghiandaia, il Rigogolo…si sono aggiunte alcune specie più mediterranee tra cui l’Occhiocotto. L’ampio anfiteatro calanchivo è inoltre un importante habitat per rapaci diurni, come la Poiana, lo Sparviere, il Gheppio e l’Albanella minore, e per i rapaci notturni, come la Civetta, l’Allocco, il Gufo comune, il Barbagianni e l’ Assiolo. I mammiferi sono rappresentati dal sempre più diffuso Capriolo, dal Cervo, dall’Istrice, dal Cinghiale, dalla Volpe, dal Lupo, dal Tasso, dalla Faina e da numerosi roditori, chirotteri ed altri insettivori.
I rettili più comuni sono la Lucertola muraiola, la Lucertola campestre, il Ramarro e il Biacco mentre i laghetti per l’irrigazione sono popolati da anfibi come Rospi e Tritoni.

Fonte: Renzo Rabacchi e Mirco Neri, Introduzione agli aspetti vegetazionali e faunistici del Geosito denominato “Merdone – Vulpazza”. Savignano sul Panaro (MO) e Valsamoggia (BO)

Il complesso dei bacini calanchivi del rio Vulpazza e del rio Merdone, posto a cavallo dei territori di Savignano sul Panaro e Castello di Serravalle (Comune di Valsamoggia), è individuato dalla Regione Emilia Romagna come geosito di interesse locale, e registrato al n. 34 del catasto regionale dei Geositi istituito con DGR n. 1302/2016 in applicazione della L. R. n. 9/2006 recante: “Norme per la conservazione e la valorizzazione della geodiversità in Emilia Romagne e attività ad esso collegate”.
Il Progetto di valorizzazione del Geosito 34 è stato realizzato dal Comune di Savignano congiuntamente al Comune di Valsamoggia ed è stato finanziato con il contributo della Legge Regionale 9/2006 Norme per la conservazione e valorizzazione della geodiversità della Regione Emilia-Romagna e delle attività ad essa collegate – 2022.
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